Chissà quando torno

Quando lei se n’era andata, lui era rimasto fermo a fare i conti con le domande che non avrebbe mai avuto il coraggio di porle. Davvero non cucinerai mai per me? Non dormirai mai nel mio letto? Non passerai mai un’intera notte con la testa appoggiata sul mio braccio, le mie dita tra i tuoi capelli, e le mie labbra a sospirare sul tuo collo? Davvero non faremo l’amore nei mille modi su cui abbiamo fantasticato? La vide sorridere a un altro e la immaginò su un altro petto, a lasciare il profumo sulla pelle di un altro corpo. Credette di impazzire a un certo punto. Eppure… quanto gli sembrava normale tutto quello che stava accadendo?

Perché avrebbe dovuto scegliermi? Si chiese. Io che la felicità non so come sia fatta e non la posso regalare. Se avessimo fatto l’amore le sarebbe piaciuto, ma lei non avrebbe mai sentito nient’altro se non il desiderio, il fremito, le gocce di sudore scivolarle sul seno. Dopo il brivido, pensava, lui non le avrebbe lasciato nient’altro, perché nient’altro era mai stato in grado di lasciare a nessuno.

Hai vinto, ti sei salvata. Ripeteva sottovoce mentre fissava il treno che li avrebbe separati per tutta la vita. Lei sarebbe stata più felice lontana, e questo era il più grande dei fallimenti che lo affliggeva. Sapeva, in cuor suo, che non le stava lasciando nessun vuoto. Piuttosto le toglieva un peso. Lei avrebbe tirato un enorme sospiro di sollievo.

A lui invece sarebbe mancata a lungo. Costretto a passeggiare da solo nei luoghi in cui avevano passeggiato, vittima dei flashback di baci che le aveva rubato di nascosto, incastrato com’era nella nostalgia delle cose che senti di non aver vissuto fino in fondo. Beata te che avverti ancora la terra sotto i piedi. Che te ne sei andata perché già sapevi dove, che non hai l’impressione di brancolare nel vuoto, di alzarti ogni giorno solo per dovere. Beata te che hai fatto le tue scelte e non ti manca niente, mentre a me manchiamo entrambi, forse più io che tu. Chissà quando torno. 

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